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Il mestiere del filosofo
Intervento di Domenico Parisi
 
 
 
La discussione sul libro di Bennett e Hacker pone due questioni distinte. La
prima riguarda le conseguenze per la filosofia degli sviluppi recenti delle
neuroscienze e, più in generale, di una scienza della mente integralmente
naturalizzata. La seconda riguarda la cosiddetta fallacia mereologica
che verrebbe compiuta dalle neuroscienze e dalla scienza della mente
naturalizzata in quanto queste scienze attribuirebbero a una parte (il
cervello) quello che invece appartiene al tutto (l'intera persona), dicendo
che "il cervello pensa, ricorda, sente, ecc." mentre si dovrebbe dire che
"la persona pensa, ricorda, sente, ecc.". Tocco queste due questioni
separatamente.

Per quanto riguarda la prima questione io sono convinto che gli sviluppi
attuali, e ancora più quelli futuri, delle neuroscienze e della scienza
della mente naturalizzata (che include tutta la biologia, e non solo le
neuroscienze, e poi include le simulazioni con le reti neurali, i modelli
di vita artificiale, la robotica) metteranno in grandi difficoltà la
filosofia. Una scienza della mente integralmente naturalizzata, che spiega
tutta la mente in termini di processi fisici di causa e effetto, tende a
diventare autonoma dalla filosofia così come è già diventata autonoma dalla
filosofia negli ultimi quattro secoli la scienza della natura. Come oggi
non chiediamo più alla filosofia, ma lo chiediamo alla fisica, alla
biologia, alla chimica, di dirci come è fatta la natura, così non
chiederemo più alla filosofia, ma alle neuroscienze e alla scienza
cognitiva naturalizzata, di dirci come è fatta la mente (e in genere come
sono fatti gli esseri umani). Quale ruolo di conoscenza resterà allora alla
filosofia?

Anche la strada di puntare sulla normatività del
comportamento umano come elemento di salvezza della filosofia - in quanto è
la filosofia, e non la scienza, che può occuparsene - diventerà
impercorribile. E' vero che in filosofia fatti e valori/norme tendono ad
essere confusi insieme, mentre per la scienza vanno tenuti rigorosamente
distinti. (Ed è anche perché le scienze dell'uomo finora non sono riuscite
finora a tenerli distinti che queste scienze sono ancora scienze 'nane'
rispetto alle scienze della natura.) Ma la nuova scienza del comportamento
umano sta individuando le basi 'naturali' di valori e norme, e quindi
l'aspetto normativo del comportamento umano non potrà costituire la base di
una conoscenza specificamente filosofica di questo comportamento. Peraltro
lo studio delle basi naturali di valori e norme richiede che la scienza
della mente naturalizzata si occupi non solo di entità fisicamente più
grandi di un organismo, come le cellule e le molecole, ma anche di entità
fisicamente più grandi di un organismo, come le collezioni e le società di
organismi.

Per quanto riguarda la seconda questione, quella riguardante la fallacia
mereologica, ritengo invece che sia vero che spesso i neuroscienzati
compiono l'errore di prendere la parte per il tutto, attribuendo al
cervello quello che va attribuito all'intera persona. Ma bisogna dire che
oggi la nuova scienza della mente naturalizzata sta liberandosi da questa
fallacia. Specialmente chi, all'interno di questa scienza, utilizza modelli
teorici di tipo simulativo e robotico sa sempre meglio che il comportamento
umano (e ovviamente anche quello animale) può essere spiegato soltanto con
modelli 'embodied and situated', cioè con modelli che mettono il cervello
dentro a un corpo e il corpo dentro a un ambiente fisico e sociale,
spiegando il comportamento non in termini di solo cervello ma in termini
delle interazioni tra cervello, resto del corpo e ambiente esterno. A
questo punto non è più soltanto il cervello che pensa, ricorda, sente, ecc.
(come tendono ancora a pensare i neuroscienzati), ma è l'intero sistema di
queste interazioni.

Peraltro, la nuova scienza della mente punta anche a spiegare come emergono
le idee di 'io', 'altri', 'mondo', 'mio corpo', 'mia azione', 'azione
altrui', ecc., riconducendoli alla scoperta che l'individuo fa delle
conseguenze sensoriali dei suoi movimenti, del suo imparare a fare
attenzione e a prevedere le conseguenze delle sue azioni e di quelle degli
altri, del suo scoprire di poter auto-generare esperienze senso-motorie nel
suo cervello, senza interagire con il mondo esterno.

(Per chi fosse interessato alla nuova scienza della mente e anche alle sue
conseguenze per la filosofia, mi permetto di rinviare a un mio libro
intitolato "Una nuova mente", che uscirà a settembre per Codice Edizioni.)